Epatite C, a breve in commercio in Italia il 'super-farmaco'
IL 'super-farmaco' Sovaldi (sofosbuvir) contro l'epatite C, già approvato e in grado di eradicare la malattia in tre mesi, è pronto per essere messo in commercio. Si attende solo la prossima pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della determina di autorizzazione alla rimborsabilità con la quale sarà contestualmente chiuso il programma di uso compassionevole, precedentemente attivato al fine di assicurare ai pazienti affetti da epatite cronica C con malattia avanzata l'accesso rapido e gratuito a tale terapia.
La svolta è arrivata quest'anno, quando il farmaco è stato messo a disposizione negli Usa: i risultati, illustrati a Londra, hanno mostrato che questo farmaco è in grado di guarire il 96-100% dei casi a seconda del ceppo virale, effetti collaterali rari e lievi. La cura consiste in una pillola al giorno per 2-3 mesi e non più anni di flebo sotto osservazione medica. Resta però il problema del costo: 84.000 dollari per ciclo di cura, circa mille euro a pillola, un problema per tutti i sistemi sanitari nazionali. Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha tuttavia annunciato che l'Italia è pronta a farsi carico del costo del farmaco con la creazione di un fondo ad hoc nell'ambito del piano nazionale contro le epatiti.
L'Agenzia italiana per il farmaco (Aifa) precisa di aver raccolto al tempo stesso la disponibilità del titolare dell'autorizzazione in commercio di Sovaldi (Gilead Sciences) a garantire la fornitura gratuita del farmaco per l'intera durata di trattamento dei pazienti per i quali le richieste ed approvazioni, da parte dei Comitati Etici competenti, siano state rilasciate in tempi utili. Il termine ultimo per i centri richiedenti per inviare le approvazioni ed eventuali informazioni mancanti relative a richieste presentate prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è il 15 dicembre 2014.
L'Aifa ha comunicato anche che il numero di richieste totali nazionali di trattamento ha raggiunto, al 28 novembre, il valore di 1.431, mentre quello dei trattamenti approvati è 894, pari ad appena il 62,5% delle richieste. Permangono disomogeneità regionali sul numero di trattamenti approvati: si passa da una percentuale dell'84,9% dei trattamenti approvati (sul totale delle richieste regionali) in Piemonte al 28,6% della Liguria o al 36,8% registrato in Sicilia.
Le richieste non approvate dai Comitati Etici in tempi utili non saranno più erogabili nell'ambito del programma di accesso gratuito ed il costo di trattamento derivante sarà, pertanto, a carico delle relative strutture sanitarie. La fornitura del farmaco verrà garantita per i pazienti inclusi nel programma fino al completamento del trattamento previsto (48 settimane o fino al trapianto per i pazienti pre-trapianto, 24 settimane per i pazienti in post-trapianto).
Modalità di contagio
Il contagio dell’infezione da HCV avviene principalmente per via parenterale, cioè attraverso il sangue, e molto meno frequentemente per via sessuale.
L’infezione si trasmette preferenzialmente per via orizzontale, da individuo a individuo, e in minor misura, con una frequenza del 3-5%, per via verticale-perinatale, cioè da madre a figlio; tale percentuale aumenta considerevolmente nel caso di madri portatrici anche del virus dell’immunodeficienza umana (HIV), raggiungendo tassi del 15-25%.
La via parenterale
E’ la via preferenziale di trasmissione dell’HCV.
I principali mezzi di contagio di sangue infetto sono:
I principali mezzi di contagio di sangue infetto sono:
• Aghi e siringhe riutilizzabili per iniezioni intramuscolari ed endovenose di farmaci e droghe. Il rischio di contrarre l’infezione attraverso questa modalità è oggi diminuita in occidente grazie all’utilizzo di materiale monouso e di procedure di sterilizzazione, soprattutto a livello sanitario-ospedaliero, ma sussiste ancora nei paesi in via di sviluppo.
In generale il rischio è molto alto tra i tossicodipendenti che fanno uso di droghe per via endovenosa, in cui l’incidenza di infezione da HCV oscilla dal 50 al 95%: in Europa e negli Stati Uniti la tossicodipendenza è il principale fattore di rischio per l’epatite C.
• Trasfusioni di sangue e di plasma-emoderivati.
Hanno rappresentato il fattore di rischio prevalente per la diffusione dell’HCV negli anni antecedenti il 1990, prima cioè che fosse introdotto lo screening obbligatorio del sangue basato sulla ricerca degli anticorpi anti-HCV.
Oggi grazie all’impiego di test sempre più sensibili e a un più scrupoloso reclutamento dei donatori, il tasso di incidenza di epatite C associato alle trasfusioni si è quasi azzerato nei Paesi occidentali (< 0,9%), ma resta alto nelle nazioni in via di sviluppo, per le quali le trasfusioni rappresentano attualmente il principale mezzo di contagio.
In generale il rischio è molto alto tra i tossicodipendenti che fanno uso di droghe per via endovenosa, in cui l’incidenza di infezione da HCV oscilla dal 50 al 95%: in Europa e negli Stati Uniti la tossicodipendenza è il principale fattore di rischio per l’epatite C.
• Trasfusioni di sangue e di plasma-emoderivati.
Hanno rappresentato il fattore di rischio prevalente per la diffusione dell’HCV negli anni antecedenti il 1990, prima cioè che fosse introdotto lo screening obbligatorio del sangue basato sulla ricerca degli anticorpi anti-HCV.
Oggi grazie all’impiego di test sempre più sensibili e a un più scrupoloso reclutamento dei donatori, il tasso di incidenza di epatite C associato alle trasfusioni si è quasi azzerato nei Paesi occidentali (< 0,9%), ma resta alto nelle nazioni in via di sviluppo, per le quali le trasfusioni rappresentano attualmente il principale mezzo di contagio.
• Strumenti con cui vengono praticati il piercing, i tatuaggi, l’agopuntura, interventi odontoiatrici e endoscopie, e in generale tutti gli oggetti - di uso sanitario o domestico - che possono procurare ferite anche lievi, quali forbici, rasoi, spazzolini e tagliaunghie, e che, se non opportunamente sterilizzati, possono fungere da vettori di infezione.
La via sessuale
La via sessuale
E’ la modalità meno frequente di diffusione dell’HCV, con un numero di casi inferiore al 5%.
Tuttavia esistono situazioni che possono aumentare tale rischio:
a) la malattia epatica in fase acuta;
b) un’attività sessuale promiscua (tale pratica espone i soggetti al rischio di contrarre malattie veneree le cui lesioni cutanee possono costituire un porta di ingresso o di uscita di un’infezione HCV);
c) lo stato di immunocompromissione, cioè un indebolimento delle difese immunitarie dell’organismo, causato per esempio dalla concomitanza di altre patologie, dallo stato di trapiantato etc;
c) lo stato di immunocompromissione, cioè un indebolimento delle difese immunitarie dell’organismo, causato per esempio dalla concomitanza di altre patologie, dallo stato di trapiantato etc;
d) l’infezione da HIV;
e) la presenza di lesioni genitali (causate per esempio dall’herpes genitale);
f) il ciclo mestruale.
Epatite C, approvato in Italia l’uso della molecola che elimina la malattia
Il trattamento a base di Sofosbuvir consentirà di curare la maggioranza dei pazienti eradicando il virus anche nelle forme avanzate che portano al trapianto. Dal Ministero della Salute un fondo da 1,5 mld di euro in due anni per il «superfarmaco»
Approvato anche in Italia, con pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il nuovo trattamento per l’epatite C a base di Sofosbuvir, molecola in grado di eradicare il virus in poche settimane.
Come spiega il professor Mario Rizzetto, Docente di Gastroenterologia presso l’Università di Torino e Direttore della Struttura Complessa S.C Gastroenterologia della Città della Salute e della Scienza di Torino, «considerata la sua elevata efficacia e sicurezza, il farmaco consentirà di curare la maggioranza dei pazienti con epatite cronica C, eradicando il virus anche nelle forme avanzate che portano al trapianto, evitando la temuta reinfezione dell’innesto epatico che vanifica troppo spesso il successo del trapianto stesso».
Unico neo il prezzo: al sistema sanitario costerà 35-40 mila. Per chi lo comprerà in farmacia, senza dover aspettare, quasi 75 mila euro.
La malattia
L’epatite C è una malattia del fegato causata dal virus HCV. La sua presenza è in grado di scatenare una reazione immunitaria che, a lungo termine, danneggia in maniera irreversibile l’organo. Un’infiammazione generalizzata capace di distruggere le cellule del fegato. Un processo che con il passare del tempo porta ad una sempre più ridotta funzionalità epatica. Le conseguenze sono facilmente intuibili: il virus dell ’epatite C è la causa principale delle cirrosi e dei tumori al fegato. Non solo, in Europa e negli Stati Uniti la patologia è la causa principale di ricorso al trapianto di fegato.
I numeri
In Italia è difficile fare una stima delle persone affette. I dati sono incerti per una mancanza di campagne di screening. Alcune statistiche affermano si tratti di 800 mila persone. Il dato certo è che oggi i malati da trattare subito sono 300 mila. Numeri importanti fortunatamente in diminuzione. Oggi, grazie alla prevenzione, l’ondata di nuove infezioni si è sensibilmente ridotta. Purtroppo però la malattia, essendo spesso priva di sintomi, continua silente per anni fino allo stato di cirrosi. Oggi, purtroppo, di epatite C si muore ancora. Molte persone, proprio per l’assenza di sintomi, scoprono di aver contratto l’infezione quando il danno al fegato è già importante. E’ questo il vero problema legato alla patologia.
Il prezzo
La ricerca ha fatto passi da gigante e Sofosbuvir è il primo di una lunga serie di farmaci che sbarcheranno sul mercato per eradicare la malattia. Sino ad oggi sono rimasti incerti i fondi per garantire l’accesso a tutti. «Nell’attesa delle risorse aggiuntive necessarie a garantire un accesso universale alla terapia, l’Agenzia Italiana del Farmaco ha indicato i criteri di priorità di assegnazione della cura per i pazienti con patologia più grave» spiega Rizzetto. Secondo stime molto approssimative sarebbero 300 mila le persone Ma questi ultimi rappresentano solo la punta dell’iceberg. Idealmente le persone da trattare sarebbero tutte quelle positive al virus dell’epatite C.
L’intervento del Governo
Curare precocemente significherebbe sradicare il virus prima che danneggi irreversibilmente il fegato. Questo, sul lungo periodo, permetterebbe di risparmiare notevolmente poiché la persona non andrà più incontro a cirrosi e trapianto di fegato. Ed è proprio a questo che devono aver pensato al Ministero. La Lorenzin ha infatti da poco formulato un emendamento nella legge di Stabilità per mettere a disposizione dei cittadini il medicinale gratuitamente. Costo? un miliardo e mezzo in due anni (750 milioni l’anno). I soldi utilizzati sono quelli che verrebbero risparmiati grazie alla eliminazione della malattia.
Epatite C, per curarla arriva una pillola Costerà mille euro al giorno per 3 mesi
Secondo gli studi può portare a percentuali molto alte di guarigioni e quindi a un risparmio sulle cure. Arriva anche l’ok della Food and Drug Administration
Una pillola da mille dollari da prendere una sola volta al giorno per 12 settimane. È questa la rivoluzionaria cura per l’epatite C che utilizza la molecola sofosbuvir e approvata definitivamente venerdì sera dalla Food and Drug Administration (Fda), che ha un costo notevole, circa 84 mila dollari per terapia, ma che può portare a percentuali molto alte di guarigioni e quindi rappresentare in definitiva un risparmio rispetto alle cure attuali, protratte nel tempo.
«È una notizia storica, una rivoluzione nella terapia di questa malattia che causa nel nostro Paese 10.000 morti l’anno», ha commentato Antonio Gasbarrini, professore di gastroenterologia all’Università Cattolica di Roma. Il farmaco è infatti «il primo antivirale con azione diretta che unisce una grande efficacia a bassi effetti collaterali - spiega lo studioso - e che potrà essere utilizzato anche nei malati più gravi per diminuire la progressione della malattia».
L’epatite C è una malattia infettiva del fegato causata dal virus Hcv e trasmessa principalmente per contatto diretto con sangue infetto. Può risolversi in poche settimane oppure portare alla cirrosi e al cancro al fegato e colpisce ogni anno 3-4 milioni di persone in tutto il mondo. Al momento ci sono circa 150 milioni di malati cronici. In Italia sono circa un milione le persone infettate dall’Hcv, ma appena l’1,5% si cura. Per l’epatite C le iniezioni di interferone, che ha problemi di tollerabilità e resistenza al trattamento, e le pillole di ribavirina rappresentano la terapia di riferimento. La sofosbuvir può essere invece utilizzata da sola per combattere almeno un sottotipo di virus, il genotipo 2.
L’approvazione definitiva negli Usa del farmaco a base di sofosbuvir era molto attesa (in Europa dovrebbe essere approvata a inizio 2014) e segue quella avvenuta a fine novembre di un’altra pillola, a base della molecola simeprevir, utilizzabile (con l’interferone e la ribavirina) contro il genotipo 1 dell’epatite C che rappresenta il 50% di tutte le infezioni.
Secondo gli esperti gli scenari che si aprono con queste nuove molecole sono davvero rivoluzionari: «da tassi di guarigione dall’infezione con il virus dell’epatite C oggi abbastanza modesti (del 45%) si arriverà a tassi di efficacia dell’80-95%«, con trattamenti di breve durata e pochi effetti collaterali, secondo quanto spiegato da Massimo Colombo dell’università di Milano. L’obiettivo sarà eradicare non solo il virus ma diminuire la progressione della malattia e dunque la mortalità. A fronte di questo si dovrà preventivare un enorme esborso di denaro per la sanità pubblica. Ma secondo i primi scenari tracciati dagli economisti sanitari del Ceis di Tor Vergata, i risparmi potrebbero andare da un minimo di 11 milioni di euro dal 2015 ad un massimo di 44 milioni di euro nei successivi 15 anni.
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